LA PIZZICA NASCOSTA
l'organetto nella musica e nei canti tradizionali di Villa Castelli
La recente fortuna delle tradizioni musicali di Puglia ha avuto il merito di richiamare l’attenzione su un patrimonio ormai agonizzante, destinato alla lenta ma progressiva dissoluzione. C’è da dire che molto è stato fatto in questo campo, soprattutto negli ultimi dieci anni, ma molto ancora resta da fare sul piano della documentazione, della ricerca e della valorizzazione di un bene immateriale, di per sé “volatile”, da “fissare su memorie durevoli” per evitarne la scomparsa. Lo dimostra questa raccolta di documenti sonori provenienti da Villa Castelli, piccolo centro in provincia di Brindisi dove ancora sopravvive la pratica strumentale dell’organetto a “otto bassi”. Non sono molte, infatti, le aree dell’ex Terra D’Otranto (le odierne province di Lecce, Brindisi e Taranto) dove è così fortemente attestata la tradizione dell’organetto, uno strumento di origine colta o urbano artigiana che sin dalla sua diffusione nell’Italia post-unitaria ha progressivamente sostituito altri aerofoni come le zampogne o le launeddas (in Sardegna). Che ciò sia avvenuto a Villa Castelli si spiega forse con la particolare vocazione conservativa di un’area, la Bassa Murgia, a economia essenzialmente agropastorale, lontana dalle principali linee di comunicazione e perciò più a lungo preservata dagli effetti nefasti della cultura di massa prima e di una “modernità senza modernizzazione” poi. Tra i molti motivi di interesse racchiusi in questa preziosa raccolta, frutto di lunghi e pazienti anni di ricerca da parte di Mario Salvi, uno dei maggiori organettisti italiani, e del suo allievo Giandomenico Caramia, una mi sembra particolarmente degna di nota: il rilevamento di un tarantella definita “malinconica”, aggettivo di chiara derivazione colta ma di per sé rivelatore della diretta discendenza dai modelli della terapeutica musicale per la cura del morso venefico del ragno. Ma non vanno sottovalutati altri fondamentali aspetti che emergono dalla ricerca: le notevoli capacità performative di veri e propri “alberi di canto” come Vito Nigro, le peculiarità linguistiche di una città “cerniera” tra Salento e resto della Puglia, importanti tracce (“sonata a scherma”, Brano 14) di pratiche coreutiche affini alla scherma salentina che qui restano ancora un universo oscuro e di difficile penetrazione.
Il vasto repertorio di musiche da ballo di derivazione colta (scottish, valzer e polka), esemplificative delle complesse dinamiche di circolazione e delle reciproche influenze tra culture egemoni e culture popolari. In senso più generale questo lavoro acquista una significativa valenza storica e culturale, perché ribadisce una volta di più l’importanza di "salvare”, ove ancora possibile, le memorie musicali della Puglia contadina. Prima che anche gli ultimi testimoni lascino definitivamente la scena.
Sergio Torsello
(Istituto “Diego Carpitella” - Melpignano LE)
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